lunedì 29 dicembre 2014

RIQUALIFICARE L'EX MERCATO. OCCASIONE PERSA?

Il caso di cui parliamo costituisce senza dubbio un patrimonio da non perdre e da potenziare, per affiancare alla funzione originaria altre che, a differenza di quanto avvenuto fino ad oggi, rendano il luogo sempre accessibile a tutti e a servizio della cittadinanza.


Purtroppo l'immagine, scattata il mese scorso durante un giro per commissioni, crediamo sia già abbastanza triste, ma vogliamo raccontare qui la storia.

Oltre un anno fa siamo stati ricevuti in un comune della nostra provincia dal Vicesindaco, dal dirigente LL.PP ed alcuni tecnici del loro staff perchè interessati a conoscere il nostro progetto su un'area mercatale locale.
Non citeremo i protagonisti perchè non ci interessa incolpare nessuno, quanto rilevare l'ennesima scelta discutibile che peggiora il nostro territorio.

Un passo indietro.
Nel 2012 una associazione che si occupa di educazione ed accompagnamento delle coppie in attesa e/o con figli piccoli, ebbe l'idea di riqualificare il mercato locale, sottoutilizzato e poco curato, al fine di rendere l'area disponibile per attività e servizi a scopo sociale e culturale. Dopo vari incontri con le altre organizzazioni attive sul territorio e con il Comune, nel tentativo di attivare una procedura partecipata, l'associazione ci chiese di elaborare un progetto da proporre a tutti gli altri gruppi locali finalizzato alla riqualificazione e rifunzionalizzazione dell'ex mercato.
 


Dopo qualche mese, nello stesso anno, l'amministrazione comunale ebbe l'opportunità di intercettare un finanziamento regionale con un progetto mirato proprio alla riqualificazione dell'area mercatale, per finalità collettive.
Dopo l'annuncio, da parte del comune, dell'ottenimento del finanziamento regionale, l'associazione promotrice intensificò l'opera di sensibilizzazione delle altre associazioni e dei cittadini riguardo alla nuova idea. Tutti in verità si mostrarono contenti della proposta, seppure poco attivi a favore della stessa (probabilmente per divergenze politiche).
Evidentemente il nostro progetto suscitò interesse dato che a gennaio 2013 il Comune chiese un incontro con i progettisti (noi) per conoscere meglio la proposta. Sembrò un buon segnale. Anche i complimenti espressi dai presenti in quella occasione lasciavano molte speranze alla associazione promorice.


Di fatto però niente è cambiato dopo quello scambio di informazioni, se non che la grande copertura centrale, prevista originariamente in acciaio con pilastro centrale, è diventata di legno appoggiata sulle grandi tettoie ad ala esistenti.

Certo il risultato non è minimamente qualificante per l'area.
Probabilmente qualunque altro progetto sarebbe stato migliore. Magari uno dei vari che negli anni sono stati sottoposti alla amministrazione comunale. Già perchè la nostra porposta è stata la ultima di una serie di idee che i professionisti hanno fornito al Comune, il quale in passato aveva anche dichiarato di voler organizzare un concorso di progettazione per quel sito.

Un intervento di questa dimensione e con le potenzialità che esprime, sia in termini di riqualificazione urbana, sia in termini di ricaduta sociale, dovrebbe partire da una visione complessiva più ampia e organica. Interventi parziali e scollegati tra loro, perchè determinati da necessità di partecipazione a bandi di finanziamento, non possono ottenere il risultato di riqualificazione dichiarato, tant'è che questo enorme tetto in legno realizzato sopra le strutture esistenti non rispetta la dignità del luogo e della architettura mercatale preesistente.

Seppure coscienti delle difficolta degli enti pubblici nel reperire i fondi, crediamo che questa sia una opportunità persa per riqualificare dignitosamente un ex mercato che per definizione è area destinata a socializzazione, incontro e scambio. 
Giulia Bertolucci architetto


mercoledì 10 dicembre 2014

MA COS'E' QUESTA BIOARCHITETTURA?


Sempre più frequentemente sui giornali, alla tv, nei bandi di concorso, in corsi professionali e non, si parla di ecologia, sostenibilità, economie verdi, ambiente, qualità della vita. In realtà questi termini, utilizzati spesso in maniera indifferenziata ed equivalente, hanno significati ed atteggiamenti diversi e si rifanno magari a vere e proprie scuole di pensiero.


Facilmente individuabili sono le tematiche della bioedilizia e della architettura bioclimatica, meno semplice è la descrizione di cosa si intende per bioarchitettura senza essere fraintesi, ed essere catalogati nostalgici o all'opposto tecnocrati, quando non furbetti che cavalcano la moda. 

Fare bioarchitettura significa guardare all'uomo senza perdere di vista la natura, porre attenzione ai materiali ma anche alla complessità dell'abitare; in pratica si tratta di un atteggiamento, una filosofia quotidiana non immediatamente traducibile in numeri, quantità, tecnologie codificate. Questo perchè la bioarchitettura non tratta solo di inquinamento indoor, o di salubrità dei materiali, o di tecnologie costruttive dolci (temi tipici della bioedilizia che si basa sulla idea forte che l’involucro edilizio sia assimilabile ad una terza pelle per l'uomo, con cui deve mantenersi in equilibrio), ma non tratta nemmeno solo di risparmio energetico, o di utilizzo del solare e di altre fonti rinnovabili (argomenti tipici della architettura bioclimatica). 




Le due caratteristiche fondamentali della bioarchitettura sono la bio-compatibilità e l'eco-sostenibilità:
  • ECOSOSTENIBILITA’ è una caratteristica relativa all’ecosistema, quindi parliamo di energia, risorse, inquinamento ambientale. In sostanza agire nell'ottica della ecosostenibilità implica l’uso di poca energia fossile, l’utilizzo di materiali di provenienza locale, la scelta di materiali e tecnologie riciclabili o riutilizzabili, la valorizzazione delle risorse e il risparmio energetico.
  • BIO-COMPATIBILITA’ significa compatibile con la vita, quindi è una specificità che guarda a cicli vitali che non nuocciano all’uomo (e preferibilmente nemmeno all’ambiente), con interventi volti alla qualità ambientale e al benessere/salubrità del costruito.
In pratica la bioarchitettura comprende tutto questo e va oltre considerando ogni edificio come un organismo, con le sue relazioni geografiche e storico-culturali.

L'edificio viene progettato per essere costruito in un preciso luogo, inserito in un contesto climatico che deve essere utilizzato in modo corretto ed efficace, possibilmente minimizzando l'impatto ambientale. Per questo non esistono soluzioni preconfezionate in bioarchitettura, ma ogni situazione merita risposte specifiche che tengano in considerazione il rapporto edificio/uomo ed edificio/luogo.




Per noi fare bioarchitettura significa essere semplici e pratici attraverso l'utilizzo di materiali, spesso basici, dal basso impatto ambientale e salubri, ma anche tecnologici per poter individuare il corretto utilizzo dei materiali suddetti e delle tecnologie più idonee di volta in volta necessarie, nonché per poter controllare (attraverso programmi di calcolo) le caratteristiche energetiche, climatiche e di comfort che ogni edificio deve avere. Infine significa anche essere capaci di leggere il contesto geografico, climatico e culturale in cui si interviene per ottimizzare le caratteristiche dell'edificio, sia che si tratti di una nuova costruzione che di un edificio esistente.

Giulia Bertolucci architetto

giovedì 27 novembre 2014

ADOBE: POVERO MA NON ECONOMICO. La nostra esperienza




In uno dei progetti che stiamo realizzando, abbiamo deciso di usare pareti interne in terra cruda per sfruttare la proprietà igroscopiche del materiale a favore di un maggior comfort interno. Effettivamente non ci aspettavamo che i mattoni in in argilla cruda costassero più di quelli cotti, ma è così!

Se ci si pensa bene l'uso della terra cruda è una delle tecniche più conosciute, diffuse e antiche per realizzare murature. L'adobe è forse il componente da costruzione più diffuso e più povero. Anche in Italia (seppure con nomi diversi a seconda della zona – Adobe deriva dall'arabo al-tub che significa mattone) è un elemento da sempre molto utilizzato per costruire.
Il maggior prezzo dipenderà forse da una ridotta richiesta?

Negli scorsi anni abbiamo avuto modo di conoscere la tecnica di realizzazione dei mattoni e di costruzione in terra in modo approfondito. Esiste anche molta letteratura sull'argomento, seppure per la maggior parte straniera (Gernot Minke ).     
Il lavoro in Perù si è basato proprio sulla costruzione di un edificio in adobe, precisamente con mattoni di terra mista a paglia, realizzati in cantiere a piè d'opera e lasciati essiccare al sole. Proprio legato a questo lavoro, nel 2011 abbiamo organizzato, con Ingegneria Senza Frontiere di Pisa, un laboratorio sperimentale per la realizzazione di mattoni in argilla cruda e paglia.


Prima è stata studiata la idoneità della terra per il confezionamento degli adobe e poi sono state realizzate due serie di mattoni con tecnica manuale.

Una volta essiccati i mattoni (in quantità sufficiente per costruire due muretti da sottoporre a schiacciamento), assieme a campioni di terra, sono stati trasportati nei laboratori dell'Università di Pisa, dove sono state eseguite prove geotecniche per la definizione della curva granulometrica, dei limiti di Atterberg, del peso specifico di ogni provino, nonché prove di resistenza sia sul singolo mattone che su due muretti in adobe, allettati con un impasto di terra e acqua, molto simile a quello utilizzato per ottenere i mattoni stessi.

I risultati dei test presso il Dipartimento di Strutture sono stati parte della tesi in ingegneria edile di Elisa Orefice con oggetto lo studio strutturale ed energetico del progetto pilota in Perù.

In sintesi, in base alla nostra esperienza l'adobe è ecologico ed economico sicuramente quando i mattoni si realizzano prelevando il terreno al piede del fabbricato e alla fine del ciclo di vita può ritornare in ambiente senza inquinare. Un po' meno economico se lo si deve acquistare da una delle poche ditte oggi presenti sul mercato. Resta comunque un ottimo materiale che contribuisce al comfort interno grazie alla sua alta igroscopicità e inerzia termica, e per questo è certamente da inserire nei progetti, basta solo ottimizzarne l'uso.

Volendo fare un semplice conto, considerando che una persona in un giorno riesce a produrre mediamente 200 mattoni il costo del singolo mattone si dovrebbe aggirare al massimo intorno a 1,20 euro, pertanto molto simile al prezzo di quelli industriali cotti. Aggiungendo la possibilità di un po' di industrializzazione nella produzione dei mattoni crudi, si dovrebbe ridurre il costo anziché aumentare (vedi).

Altre nostre utili informazioni riguardo alla tecnica di autoproduzione manuale dell'adobe.
La tecnica in sintesi è semplice e, come si vede nelle foto sopra, basta prelevaredel terreno non organico, impastarlo con acqua fino ad arrivare allo stato plastico e poi aggiungere paglia. A questo punto si preleva l'impasto e si può mettere in uno stampo della dimensione del mattone, detto appunto "adobera". Una volta pressato dentro lo stampo si procede per sformarlo su un piano su cui passerà alcune settimane ad asciugare al sole.

1_ Dosaggio dei componenti: uno degli aspetti fondamentali cui fare attenzione è la percentuale di argilla nell'impasto che si deve mantenere intorno al 20%, perchè la possibilità di modificare le quantità dei singoli componenti (argilla, limo, sabbia e ghiaia) è molto difficile, a meno che non si disponga di elementi asciutti, finemente sgranati e ben lavorati.  Nei casi in cui la percentuale di argilla era maggiore di quella consigliata abbiamo "corretto" la terra aggiungendo della sabbia per rendere l'impasto meno soggetto a ritiro nell'essiccazione. In un caso in cui la percentuale di argilla era bassa invece abbiamo tentato di "correggere" aggiungendone altra ma, non avendo l'argilla perfettamente polverizzata e utilizzando il metodo tradizionale, è stato difficile ottenere un impasto uniforme.
2_ Come fare la miscelazione:per le operazioni di impasto il metodo tradizionale è con i piedi e risulta il più efficace, soprattutto per una produzione media, perchè permette di schiacciare bene anche le parti di argilla più compatta e di farla imbibire di acqua. Abbiamo verificato che la consistenza plastica rende difficoltosa la miscelazione con la pala e impossibile l'impasto in betoniera perchè si appallottola e si attacca alle pareti della betoniera stessa;  infine per realizzare l'impasto è possibile usare la molazza che permette di schiacciare molto bene l'argilla, anche quando questa è in blocchi, ma la miscela ottenuta tende comunque ad attaccarsi alle pareti della macina.
3_ Aggiungere la paglia: per la paglia i manuali indicano lunghezze ben precise, i fili devono essere non più lunghi dello spessore del mattone, ma il taglio a mano è quasi impossibile, quindi l'uso di un taglia siepi elettrico o di un devespugliatore posto in un contenitore di dimensioni limitate rende l'operazione fattibile.
4_ Lo stampo: è costituito da una scatola, aperta da un lato, in cui si comprime l'impasto. Alcuni manuali consigliano di praticare dei fori sul fondo per sformare meglio il mattone, ma in qualsiasi modo si realizzi il fondo, anche bagnando bene lo stampo, il mattone quando viene sformato tende a deformarsi rimanendo di forma meno precisa e più fragile. La soluzione migliore è avere uno stampo senza il fondo e comprimere l'mpasto direttamente sulla superficie sulla quale l'adobe rimarrà ad essiccare.

Rodolfo Collodi architetto


giovedì 13 novembre 2014

“VIVERE SOLARE” NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO E' POSSIBILE?


Casa solare per l'apprendimento è un cantiere scuola per la costruzione di un edificio pilota, che combina moderni principi di sfruttamento dell'energia solare con forme, materiali ed elementi poveri dell'architettura locale tradizionale.

A distanza di anni e nonostante il progetto sia già stato presentato sul nostro sito, in corsi, conferenze e seminari, siamo convinti che possa ancora essere utile, non solo come ricerca ma soprattutto a livello applicativo. Se si considera che la crisi costringe a un certo ingegno, può essere di ispirazione capire ciò che è stato fatto in luoghi molto più poveri e con pochi mezzi a disposizione. Per questo motivo abbiamo deciso di sezionare il nostro progetto per un edificio solare in Perù e presentare nel dettaglio tutti gli accorgimenti (tecnologie appropriate) che lo compongono e lo rendono speciale.
Qui di seguito una prima descrizione di inquadramento, cui seguiranno una serie di post specifici.
 


A 3800 m slm nel cuore delle Ande Peruviane, laddove la terra (Pacha Mama) è la madre di tutto, la montagna è ciò che più avvicina a dio e le popolazioni vivono consapevoli che la loro esistenza è legata strettamente a distese interminabili di montagne e di sole cocente, le condizioni di vita sono estreme. Le case non hanno acqua potabile, né bagni, né riscaldamento, sebbene ce ne sia estremo bisogno a causa delle condizioni climatiche che vedono stagioni molto rigide e forti sbalzi di temperatura quotidiani. Ma il sole è un bene gratuito che, se sfruttato, può permettere un notevole miglioramento delle condizioni di vita e di igiene all'interno delle abitazioni e aprire nuovi canali di sviluppo economico per la popolazione.

Alcuni anni fa siamo stati tra gli ideatori e promotori di un intervento pilota in una località sperduta sulla cordigliera sudamericana. Dopo 8 ore di autobus da Cuzco, su strada prevalentemente sterrata, si raggiunge Livitaca.

Dapprima era una idea nata da una chiacchierata con amici, poi l'idea è diventata un progetto articolato che ha visto il coinvolgimento di enti e volontari italiani (soprattutto di Ingegneria Senza Frontiere Pisa) assieme a cittadini di Livitaca. Tutti insieme impegnati nella costruzione di un edificio “solare”, che permetterà di vedere applicate le tecnologie di sfruttamento dell’energia gratuita del sole per riscaldare gli ambienti e l’acqua, coltivare ortaggi, cucinare, produrre energia elettrica. Tutte cose apparentemente banali, dato che siamo abituati ad avere una serie di comodità in casa alle quali non facciamo nemmeno più attenzione, ma che in un distretto dei più critici, situato in una regione già deficitaria rispetto al resto del Perù, continuano ad essere rare.
 

Inti Yatrai Wasi (in quechua Casa Solare per l'Apprendimento) è un cantiere scuola per la costruzione di un piccolo edificio pilota, che combina moderni principi di sfruttamento dell'energia solare con forme, materiali ed elementi poveri dell'architettura locale tradizionale, integrandosi con il contesto.
Muratura in mattoni di terra cruda, isolamento in paglia, struttura del tetto in legno, riscaldamento con un letto di pietre sono gli elementi su cui si basa il progetto. Materiali naturali locali e rinnovabili o di seconda vita, lavorati a mano; metodi costruttivi non meccanizzati; sistemi passivi di riscaldamento, rendono l'edificio innovativo.
 

L'edificio a consumo zero, ottenuto applicando i contemporanei criteri di bioclimatica e basso impatto ambientale, nella sua semplicità è stato interamente realizzato con la modalità dell'autocostruzione attraverso la partecipazione attiva della popolazione (retribuita), di alcune associazioni non lucrative e dei cooperanti italiani (volontari non retribuiti).
Ciò che è stato realizzato è in uso alla comunità, non è un museo di se stesso, ma un luogo di incontro, scambio e conoscenza. Una esperienza ripetibile anche nelle comunità vicine appartenenti allo stesso distretto, affinché anche i più poveri siano in grado di sfruttare al meglio una risorsa preziosa, ma in fin dei conti facilmente accessibile e soprattutto gratuita: il sole, che regala la possibilità a queste popolazioni di agire liberamente nel rispetto del proprio ambiente e delle tradizioni.

Giulia Bertolucci architetto

lunedì 3 novembre 2014

CASE DI CARTOON

In occasione della manifestazione Lucca Comics & Games che si è tenuta, come ogni anno, dal 30 ottobre al 2 novembre, abbiamo scelto di fare un post sulle case nei fumetti.

Nella manifestazione i vari personaggi, protagonisti o meno di strisce fumettistiche, giochi o animazioni 3D, sono i più celebrati, immortalati e imitati dai cosplayers, ma le loro storie si svolgono sempre all'interno, o all'intorno di una casa, oppure in un villaggio. Per questo vogliamo pubblicare una serie, certamente non completa, di case e villaggi che compaiono in strisce fumettistiche e cartoni animati, dai più “vecchi” come Topolino Dysney, ai più recenti come le animazioni di Miyazaki.

Gli edifici possono essere di fantasia come in Shrek, i Flinstones, i Jetsons, Futurama,



oppure molto realistici, magari ispirati alle costruzioni Tudor, alle case in legno tipiche del nord Europa e nord America, alle dimore a schiera di tipo anglosassone.


L'Europa è spesso motivo di ispirazione per i disegnatori. Miyazaki ad esempio riesce a combinare, nella cittadina sul mare dove la piccola strega Kiki si ferma, ispirazioni dalla Svezia, dal Portogallo, dalla Francia e anche dall'Italia.

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Concludiamo con la casa di Snoopy che, seppure sia solo una cuccia, ha pur sempre la forma archetipica di una casa.

Giulia Bertolucci architetto



domenica 26 ottobre 2014

QUALITA' DEL COSTRUITO E CERTIFICAZIONI

Da quaranta anni si susseguono studi e approfondimenti scientifici internazionali che mettono in luce la limitatezza delle risorse e soprattutto l'incapacità dell'ambiente di assorbire emissioni e rifiuti. Tutto questo sottolinea la necessità di ripensare il modello di crescita, creandone uno nuovo basato su una visione di equilibrio globale.
Di fatto però l'attenzione generale si è contentrata solo sulla riduzione delle emissioni inquinanti responsabili dei cambiamenti climatici, tant'è che le norme Europee, e a cascata quelle nazionali, focalizzano l'attenzione su obiettivi di risparmio energetico e riduzione di consumi ed emissioni, puntando ad edifici ad energia quasi zero.


La realtà è che dobbiamo tenere in considerazione il territorio, le risorse e l'impatto che gli interventi hanno sull'ambiente e le persone. Per questo ogni volta che ne ho l'occasione, durante corsi o seminari, ricordo a tutti che il problema non è solo l'esaurimento delle risorse, ma anche la degradazione dell'ambiente.

Sicuramente l'indirizzo generale del settore delle costruzioni si sta spostando, dalla sola valutazione energetica alla certificazione complessiva di qualità ambientale del fabbricato.
Non a caso si sono sviluppati sistemi, più o meno oggettivi, per la valutazione e certificazione di un edificio, non solo dal punto di vista energetico, ma anche rispetto agli impatti che esso produce sull'ambiente e sulla salute delle persone, in tutto il suo processo realizzativo e di uso.
Il più famoso è il protocollo LEED perchè, seppure nato in ambito statunitense, si è diffuso globalmente (grazie ad una ottima campagna di marketing) e per questo è il preferito dalle archistar; in ambito nazionale è molto presente il protocollo Casa Clima che recentemente si è dotato anche di una parte di valutazione ambientale (seppure il peso dei parametri energetici risulti ancora prevalente), infine esistono altri ottimi sistemi di certificazione della qualità energetica e ambientale del costruito a cura di associazioni specialisitche come INBAR e ANAB.  La cosa interessante però è il diffondersi di una maggiore consapevolezza ambientale delle Amministrazioni pubbliche che, una via l'altra, stanno adottando (almeno a livello regionale) il protocollo ITACA o sue varianti. Quest'ultimo nasce dall'Europeo SB-TOOL o SB-METHOD che, con un lavoro delle regioni italiane, è stato personalizzato e calibrato per essere applicato nel nostro ambito climatico.

Seppure esistano degli elementi caratteristici che distinguono i vari protocolli, in linea generale le valutazioni vengono effettuate in base a temi fondamentali che tengono conto:
  • della interazione di un immobile con il suo immediato intorno sia dal punto di vista climatico, che paesaggistico;
  • della qualità dei materiali utilizzati e della loro provenienza;
  • della gestione delle risorse;
  • della presenza o meno di sistemi per l'ottenimento del comfort

La Certificazione Ambientale è un protocollo che, attraverso la valutazione di requisiti e prestazioni fornisce una valutazione oggettiva globale riguardo agli impatti di un edificio sull'ambiente e sulle persone, dalla fase della costruzione fino a quella dello smaltimento degli scarti e dell'uso del fabbricato. In questa ottica è chiaro che gli aspetti energetici sono solo una parte, quindi si può dire che la certificazione energetica è contenuta nella certificazione ambientale.

La valutazione ambientale è generalmente espressa con un punteggio che corrisponde ad un livello di qualità raggiunto.  Come la certificazione energetica premia il raggiungimento di obiettivi con l'attribuzione di una classe, così la certificazione ambientale riconosce la qualità attraverso dei punteggi, permettendo poi l'apposizione di una targa all'edificio.  Questo è motivo di vanto per i pochi edifici ad oggi certificati che manifestano così la loro eccellenza sul territorio, che si riflette poi anche sul valore immobiliare.
Cosa ancora importante da dire è che i vari protocolli esistenti a livello nazionale e internazionale sono di tipo volontario. Per questo secondo me vanno visti non come un ennesimo obbligo, ma come una guida alla progettazione e realizzazione di interventi edilizi sostenibili. In molti casi poi, cosa assolutamente da non trascurare, possono dare accesso anche a incentivazione economica o volumetrica.

A questo punto mi sento di poter affermare che applicando i sistemi di certificazione ambientale il progettista mantiene la sua libertà espressiva, ottiene architetture con un notevole valore aggiunto e il cittadino/utente vede le sue esigenze soddisfatte perchè avrà maggiore garanzia di vivere in edifici sani ed efficienti.

Giulia Bertolucci


PAGLIA E FIENO...ma non è un primo piatto

Da tempo ci occupiamo di architettura che definiamo “leggera” per il suo rapporto con l'ambiente (utilizzando materiali ecocompatibili e riciclabili), per la gestione delle risorse (attraverso la captazione dell'energia solare e dell'acqua piovana), per i rapporti con lo scenario circostante (creando volumi semplici e scegliendo materiali tradizionali).
Molte di queste caratteristiche si possono riconoscere ad un edificio costruito con materiali naturali, tra cui la paglia
Quando parliamo degli edifici in paglia nei nostri corsi e laboratori applicativi accade però che le persone confondano la paglia con il fieno, tentiamo allora di chiarire alcuni aspetti caratteristici dei due materiali, uno solo dei quali è ottimo per l'edilizia.
Il FIENO è costitutito da una miscela di erbe coltivate (erba Timothy, bromo, erba medica, trifoglio ecc) e destinate a foraggio, cioè all'alimentazione di bestiame (bovini, ovini, caprini ed equini) perchè ricco di minerali e vitamine. Il fieno viene tagliato e raccolto più volte nel corso dell'anno (il primo taglio a maggio/giugno, poi ad agosto, ed infine un terzo a settembre). Il primo taglio è quello con le proprietà nutritive migliori, mentre l'ultimo ha qualità nutritive inferiori. Il fieno viene tagliato ed utilizzato prevalentemente fresco, per questo è di solito verde, mantiene sempre un certo livello di umidità, ha steli elastici e, a seconda delle erbe che lo compongono, ha sempre un gradevole profumo ben accetto dal bestiame. Il taglio del fieno coincide generalmente con l'inizio della fioritura e per questo è per molti causa di allergie. 

La PAGLIA deriva dagli scarti della trebbiatura dei cereali e non è un alimento - seppure possa essere in alcuni casi utilizzata come integrazione per i ruminanti che necessitano di una dieta più ricca di fibre. In sostanza la paglia è costituita dagli steli secchi di frumento, orzo, riso ecc, ed è normalmente destinata all'allevamento per le lettiere degli animali, proprio perchè non ha valore nutritivo, oppure può essere utilizzata per fare sedie e altri accessori. Grazie al fatto che la paglia è un materiale di scarto secco non determina allergie
Da almeno due secoli è utilizzata anche per la costruzione di edifici e proprio per l'uso tecnologico/costruttivo è bene sapere che:

1_la paglia, essendo essiccata, ha un livello molto basso di umidità quindi, se mantenuta confinata, non è soggetta allo sviluppo di funghi e muffe
2_lo stelo è cavo, per questo molto leggero e con ottime proprietà termoisolanti.
3_la fibra della paglia è simile al legno poichè contiene cellulosa e lignina, sostanze che le permettono maggiore durata nel tempo

Ad ogni latitudine esistono poi tipi diversi di fibra vegetale con caratteristiche simili alla paglia utilizzati per: realizzare coperture (ad esempio in Perù dove la paja dorata andina era tradizionalmente utilizzata in fascine per il tetto delle case); pareti (generalmente realizzate in balle); inserite nell'impasto per mattoni in terra. 

Giulia Bertolucci


sabato 25 ottobre 2014

"CLASSE A” E' SINONIMO DI EDIFICIO SOSTENIBILE?

Recentemente leggendo un articolo su un intervento di riqualificazione molto noto, venivano enunciati i pregi di biocompatibilità (compatibile con gli esseri viventi) ed ecosostenibilità (compatibile con ambiente) confermati dal fatto che fosse un Classe A.
Sicuramente i professionisti  e operatori del settore delle costruzioni sono in grado di riassumere quelle che sono le caratteristiche di un edificio ad alta efficienza energetica:
  • Basso consumo energetico, legato ad un iper-isolamento dell'involucro 
  • Impiantistica efficiente, 
  • uso di energie rinnovabili e allo sfruttamento degli apporti solari e degli apporti interni
Riflettendo su questi punti, l'immagine che mi viene in mente è quella di un frigorifero. Sì proprio un frigorifero. Perché il frigorifero, pur essendo un elettrodomestico, effettivamente risponde alle stesse necessità di basso consumo e massima efficienza. E' caratterizzato da un involucro performante, con assenti o minime dispersioni anche per ventilazione, e da un impianto ad alta efficienza, una macchina frigo, identica ad una pompa di calore, che oggi è considerato il sistema più efficiente; in più il sistema di emissione del calore (o, per meglio dire nel frigo, di sottrazione) è costituito da una parete radiante, cioè ancora uno dei sistemi con maggiore efficienza.
Se a questo aggiungiamo che il frigorifero ha anche un sistema di controllo per il risparmio della luce artificiale, per trasformare un elettrodomestico in un edificio classe A manca veramente poco. Basta aggiungere sistemi di controllo degli apporti solari (es.schermature) e sistemi di captazione attiva solare, allora avremo ottenuto un perfetto modello dell'edificio in Classe A che rispetta la normativa.

Ma non possiamo costruire solo secondo la “norma energetica” perché le medesime prestazioni di base si possono raggiungere con molteplici materiali, alcuni dei quali, seppure molto preformanti, provengono da cicli di produzione altamente inquinanti e impattanti sull'ambiente.
In sostanza la sola valutazione dei consumi energetici non basta a definire l'impatto che la costruzione di un edificio ha sull'ambiente e sull'uomo.
Il comune pensiero che un edificio in Classe A sia ecologico è una forzatura dato che esiste una contraddizione evidente nel momento in cui si utilizzano materiali a base petrolchimica per ottimizzare le prestazioni e i consumi di un edificio, e quindi per ridurne il consumo di combustibile di origine petrolifera. Usare petrolio per risparmiare petrolio non può essere definito ecologico.
Questo non è quello che dovremmo volere, ma quello che siamo portati a costruire seguendo soltanto normativa.

Nei prossimi decenni saremo costretti a confrontarci con il superamento dei limiti fisici del pianeta. Dovremo tenere in considerazione il territorio, le risorse e l'impatto che gli interventi edilizi hanno sull'ambiente.
Perchè è importante preoccuparsene in edilizia? Perché in linea generale è proprio in questo settore che si consuma la maggior parte dell'energia e delle risorse (oltre il 40% del totale) e sempre in questo settore si produce un quarto dei rifiuti globali.

Intervenire sul settore edile è quindi il punto chiave per avere un elevato contributo al perseguimento degli obiettivi di sostenibilità

Esistono per questo motivo sistemi di certificazione che comprendono non solo l'aspetto energetico ma anche e soprattutto quello ambientale  descritti in questo post sulle Certificazioni energetico-ambientali


 Rodolfo Collodi architetto

 

ORMAI E' DECISO. TUTTO PRONTO


A luglio ci siamo trasferiti in una nuova sede che ha la disponibilità di un ampio spazio per attività di sperimentazione, laboratori applicativi, piccoli corsi con temi specialistici e adesso abbiamo deciso di impegnarci anche nella pubblicazione di un blog, ma non aspettatevi un aggiornamento costante delle pagine.
Perché il blog? Sempre più spesso sentiamo utilizzare le parole sostenibilità, bioarchitettura, energie verdi ecc, in modo confuso, o leggiamo affermazioni del tipo: l'edificio è in classe A e quindi i materiali usati per costruirlo sono atossici. Questo è un messaggio errato perché l'aspetto energetico non è direttamente collegato alla atossicità dei materiali usati in edilizia. 
E' un tipo di confusione che può dipendere da una sommaria conoscenza della materia oppure dalla esigenza di brevità richiesta dalla velocità con cui si consumano le informazioni. In ogni caso è un tipo di informazione che genera confusione e che non apprezziamo.

In questo blog certo non troverete verità assolute, ma sicuramente parleremo delle nostre esperienze, delle cose che applichiamo nella professione e nella vita quotidiana in genere. Insomma di cose che conosciamo.

I temi affrontati saranno legati al progettare e costruire secondo le migliori pratiche di sostenibilità ambientale e compatibilità con l'uomo, per cui parleremo di materiali e tecniche che rispettino quei due temi, di letture, di ricerche che tentiamo di portare avanti nonostante non siano supportate da università o enti di ricerca con finanziamenti.

Speriamo che questo nostro contributo possa essere di aiuto per qualcuno e vi chiediamo di farcelo sapere.