giovedì 27 novembre 2014

ADOBE: POVERO MA NON ECONOMICO. La nostra esperienza




In uno dei progetti che stiamo realizzando, abbiamo deciso di usare pareti interne in terra cruda per sfruttare la proprietà igroscopiche del materiale a favore di un maggior comfort interno. Effettivamente non ci aspettavamo che i mattoni in in argilla cruda costassero più di quelli cotti, ma è così!

Se ci si pensa bene l'uso della terra cruda è una delle tecniche più conosciute, diffuse e antiche per realizzare murature. L'adobe è forse il componente da costruzione più diffuso e più povero. Anche in Italia (seppure con nomi diversi a seconda della zona – Adobe deriva dall'arabo al-tub che significa mattone) è un elemento da sempre molto utilizzato per costruire.
Il maggior prezzo dipenderà forse da una ridotta richiesta?

Negli scorsi anni abbiamo avuto modo di conoscere la tecnica di realizzazione dei mattoni e di costruzione in terra in modo approfondito. Esiste anche molta letteratura sull'argomento, seppure per la maggior parte straniera (Gernot Minke ).     
Il lavoro in Perù si è basato proprio sulla costruzione di un edificio in adobe, precisamente con mattoni di terra mista a paglia, realizzati in cantiere a piè d'opera e lasciati essiccare al sole. Proprio legato a questo lavoro, nel 2011 abbiamo organizzato, con Ingegneria Senza Frontiere di Pisa, un laboratorio sperimentale per la realizzazione di mattoni in argilla cruda e paglia.


Prima è stata studiata la idoneità della terra per il confezionamento degli adobe e poi sono state realizzate due serie di mattoni con tecnica manuale.

Una volta essiccati i mattoni (in quantità sufficiente per costruire due muretti da sottoporre a schiacciamento), assieme a campioni di terra, sono stati trasportati nei laboratori dell'Università di Pisa, dove sono state eseguite prove geotecniche per la definizione della curva granulometrica, dei limiti di Atterberg, del peso specifico di ogni provino, nonché prove di resistenza sia sul singolo mattone che su due muretti in adobe, allettati con un impasto di terra e acqua, molto simile a quello utilizzato per ottenere i mattoni stessi.

I risultati dei test presso il Dipartimento di Strutture sono stati parte della tesi in ingegneria edile di Elisa Orefice con oggetto lo studio strutturale ed energetico del progetto pilota in Perù.

In sintesi, in base alla nostra esperienza l'adobe è ecologico ed economico sicuramente quando i mattoni si realizzano prelevando il terreno al piede del fabbricato e alla fine del ciclo di vita può ritornare in ambiente senza inquinare. Un po' meno economico se lo si deve acquistare da una delle poche ditte oggi presenti sul mercato. Resta comunque un ottimo materiale che contribuisce al comfort interno grazie alla sua alta igroscopicità e inerzia termica, e per questo è certamente da inserire nei progetti, basta solo ottimizzarne l'uso.

Volendo fare un semplice conto, considerando che una persona in un giorno riesce a produrre mediamente 200 mattoni il costo del singolo mattone si dovrebbe aggirare al massimo intorno a 1,20 euro, pertanto molto simile al prezzo di quelli industriali cotti. Aggiungendo la possibilità di un po' di industrializzazione nella produzione dei mattoni crudi, si dovrebbe ridurre il costo anziché aumentare (vedi).

Altre nostre utili informazioni riguardo alla tecnica di autoproduzione manuale dell'adobe.
La tecnica in sintesi è semplice e, come si vede nelle foto sopra, basta prelevaredel terreno non organico, impastarlo con acqua fino ad arrivare allo stato plastico e poi aggiungere paglia. A questo punto si preleva l'impasto e si può mettere in uno stampo della dimensione del mattone, detto appunto "adobera". Una volta pressato dentro lo stampo si procede per sformarlo su un piano su cui passerà alcune settimane ad asciugare al sole.

1_ Dosaggio dei componenti: uno degli aspetti fondamentali cui fare attenzione è la percentuale di argilla nell'impasto che si deve mantenere intorno al 20%, perchè la possibilità di modificare le quantità dei singoli componenti (argilla, limo, sabbia e ghiaia) è molto difficile, a meno che non si disponga di elementi asciutti, finemente sgranati e ben lavorati.  Nei casi in cui la percentuale di argilla era maggiore di quella consigliata abbiamo "corretto" la terra aggiungendo della sabbia per rendere l'impasto meno soggetto a ritiro nell'essiccazione. In un caso in cui la percentuale di argilla era bassa invece abbiamo tentato di "correggere" aggiungendone altra ma, non avendo l'argilla perfettamente polverizzata e utilizzando il metodo tradizionale, è stato difficile ottenere un impasto uniforme.
2_ Come fare la miscelazione:per le operazioni di impasto il metodo tradizionale è con i piedi e risulta il più efficace, soprattutto per una produzione media, perchè permette di schiacciare bene anche le parti di argilla più compatta e di farla imbibire di acqua. Abbiamo verificato che la consistenza plastica rende difficoltosa la miscelazione con la pala e impossibile l'impasto in betoniera perchè si appallottola e si attacca alle pareti della betoniera stessa;  infine per realizzare l'impasto è possibile usare la molazza che permette di schiacciare molto bene l'argilla, anche quando questa è in blocchi, ma la miscela ottenuta tende comunque ad attaccarsi alle pareti della macina.
3_ Aggiungere la paglia: per la paglia i manuali indicano lunghezze ben precise, i fili devono essere non più lunghi dello spessore del mattone, ma il taglio a mano è quasi impossibile, quindi l'uso di un taglia siepi elettrico o di un devespugliatore posto in un contenitore di dimensioni limitate rende l'operazione fattibile.
4_ Lo stampo: è costituito da una scatola, aperta da un lato, in cui si comprime l'impasto. Alcuni manuali consigliano di praticare dei fori sul fondo per sformare meglio il mattone, ma in qualsiasi modo si realizzi il fondo, anche bagnando bene lo stampo, il mattone quando viene sformato tende a deformarsi rimanendo di forma meno precisa e più fragile. La soluzione migliore è avere uno stampo senza il fondo e comprimere l'mpasto direttamente sulla superficie sulla quale l'adobe rimarrà ad essiccare.

Rodolfo Collodi architetto


giovedì 13 novembre 2014

“VIVERE SOLARE” NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO E' POSSIBILE?


Casa solare per l'apprendimento è un cantiere scuola per la costruzione di un edificio pilota, che combina moderni principi di sfruttamento dell'energia solare con forme, materiali ed elementi poveri dell'architettura locale tradizionale.

A distanza di anni e nonostante il progetto sia già stato presentato sul nostro sito, in corsi, conferenze e seminari, siamo convinti che possa ancora essere utile, non solo come ricerca ma soprattutto a livello applicativo. Se si considera che la crisi costringe a un certo ingegno, può essere di ispirazione capire ciò che è stato fatto in luoghi molto più poveri e con pochi mezzi a disposizione. Per questo motivo abbiamo deciso di sezionare il nostro progetto per un edificio solare in Perù e presentare nel dettaglio tutti gli accorgimenti (tecnologie appropriate) che lo compongono e lo rendono speciale.
Qui di seguito una prima descrizione di inquadramento, cui seguiranno una serie di post specifici.
 


A 3800 m slm nel cuore delle Ande Peruviane, laddove la terra (Pacha Mama) è la madre di tutto, la montagna è ciò che più avvicina a dio e le popolazioni vivono consapevoli che la loro esistenza è legata strettamente a distese interminabili di montagne e di sole cocente, le condizioni di vita sono estreme. Le case non hanno acqua potabile, né bagni, né riscaldamento, sebbene ce ne sia estremo bisogno a causa delle condizioni climatiche che vedono stagioni molto rigide e forti sbalzi di temperatura quotidiani. Ma il sole è un bene gratuito che, se sfruttato, può permettere un notevole miglioramento delle condizioni di vita e di igiene all'interno delle abitazioni e aprire nuovi canali di sviluppo economico per la popolazione.

Alcuni anni fa siamo stati tra gli ideatori e promotori di un intervento pilota in una località sperduta sulla cordigliera sudamericana. Dopo 8 ore di autobus da Cuzco, su strada prevalentemente sterrata, si raggiunge Livitaca.

Dapprima era una idea nata da una chiacchierata con amici, poi l'idea è diventata un progetto articolato che ha visto il coinvolgimento di enti e volontari italiani (soprattutto di Ingegneria Senza Frontiere Pisa) assieme a cittadini di Livitaca. Tutti insieme impegnati nella costruzione di un edificio “solare”, che permetterà di vedere applicate le tecnologie di sfruttamento dell’energia gratuita del sole per riscaldare gli ambienti e l’acqua, coltivare ortaggi, cucinare, produrre energia elettrica. Tutte cose apparentemente banali, dato che siamo abituati ad avere una serie di comodità in casa alle quali non facciamo nemmeno più attenzione, ma che in un distretto dei più critici, situato in una regione già deficitaria rispetto al resto del Perù, continuano ad essere rare.
 

Inti Yatrai Wasi (in quechua Casa Solare per l'Apprendimento) è un cantiere scuola per la costruzione di un piccolo edificio pilota, che combina moderni principi di sfruttamento dell'energia solare con forme, materiali ed elementi poveri dell'architettura locale tradizionale, integrandosi con il contesto.
Muratura in mattoni di terra cruda, isolamento in paglia, struttura del tetto in legno, riscaldamento con un letto di pietre sono gli elementi su cui si basa il progetto. Materiali naturali locali e rinnovabili o di seconda vita, lavorati a mano; metodi costruttivi non meccanizzati; sistemi passivi di riscaldamento, rendono l'edificio innovativo.
 

L'edificio a consumo zero, ottenuto applicando i contemporanei criteri di bioclimatica e basso impatto ambientale, nella sua semplicità è stato interamente realizzato con la modalità dell'autocostruzione attraverso la partecipazione attiva della popolazione (retribuita), di alcune associazioni non lucrative e dei cooperanti italiani (volontari non retribuiti).
Ciò che è stato realizzato è in uso alla comunità, non è un museo di se stesso, ma un luogo di incontro, scambio e conoscenza. Una esperienza ripetibile anche nelle comunità vicine appartenenti allo stesso distretto, affinché anche i più poveri siano in grado di sfruttare al meglio una risorsa preziosa, ma in fin dei conti facilmente accessibile e soprattutto gratuita: il sole, che regala la possibilità a queste popolazioni di agire liberamente nel rispetto del proprio ambiente e delle tradizioni.

Giulia Bertolucci architetto

lunedì 3 novembre 2014

CASE DI CARTOON

In occasione della manifestazione Lucca Comics & Games che si è tenuta, come ogni anno, dal 30 ottobre al 2 novembre, abbiamo scelto di fare un post sulle case nei fumetti.

Nella manifestazione i vari personaggi, protagonisti o meno di strisce fumettistiche, giochi o animazioni 3D, sono i più celebrati, immortalati e imitati dai cosplayers, ma le loro storie si svolgono sempre all'interno, o all'intorno di una casa, oppure in un villaggio. Per questo vogliamo pubblicare una serie, certamente non completa, di case e villaggi che compaiono in strisce fumettistiche e cartoni animati, dai più “vecchi” come Topolino Dysney, ai più recenti come le animazioni di Miyazaki.

Gli edifici possono essere di fantasia come in Shrek, i Flinstones, i Jetsons, Futurama,



oppure molto realistici, magari ispirati alle costruzioni Tudor, alle case in legno tipiche del nord Europa e nord America, alle dimore a schiera di tipo anglosassone.


L'Europa è spesso motivo di ispirazione per i disegnatori. Miyazaki ad esempio riesce a combinare, nella cittadina sul mare dove la piccola strega Kiki si ferma, ispirazioni dalla Svezia, dal Portogallo, dalla Francia e anche dall'Italia.

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Concludiamo con la casa di Snoopy che, seppure sia solo una cuccia, ha pur sempre la forma archetipica di una casa.

Giulia Bertolucci architetto