mercoledì 25 marzo 2015

ACQUA RISORSA A RISCHIO

Ogni anno il 22 marzo è la Giornata Mondiale dell'Acqua. Per il 2015 il tema centrale è: acqua e sviluppo sostenibile, con particolare riferimento al problema dell’acqua potabile.
Come può essere l'acqua potabile un problema crescente? E' la domanda che ha strutturato una mia recente lezione riguardo alla gestione della risorsa idrica. Il fatto è che sopravvalutiamo la quantità di acqua che abbiamo a disposizione, senza conoscerne realmente lo stato di emergenza.

Dal 1900 il consumo di acqua è andato incrementando. A questo consumo ha corrisposto una restituzione in ambiente di acque inquinate e spesso non più utilizzabili. In pratica andiamo via via perdendo una fetta sempre più ampia di risorsa “buona” che non viene reintegrata. L’ONU ha recentemente ribadito il rischio di perdita per l’umanità di oltre il 40% delle riserve idriche potabili entro il 2030. In realtà già adesso gran parte della popolazione mondiale non dispone di acqua pulita (controllata o sanificata).
Eppure l'acqua è vita, è uno dei beni più preziosi in grado di trasformare qualsiasi cosa al suo passaggio; gli esseri umani stessi sono composti per il 90% da acqua, quindi non possiamo più permetterci di sottovalutarla e darla per scontata. Lo sviluppo della vita sul nostro pianeta dipende da essa; le comunità e le città stesse sono sorte in prossimità di corsi d'acqua e si sono sviluppate secondo la sua disponibilità; per questo motivo anticamente era rappresentata come una dea.

 
Forse la nostra disattenzione dipende dal fatto che siamo abituati a vedere il globo terrestre ricoperto per il 70% da acqua, ma dobbiamo riflettere che la maggior parte di questa è salata e non potabile. Approfondendo si scopre che solo lo 0,1% dell'acqua presente sulla terra è potabile.
Dato che parlare in senso generico e globale spesso non aiuta alla comprensione del problema, ho controllato i dati dell'ultimo rapporto dell'ARPA Toscana (annuario della Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) nel quale è riportato lo stato dei corpi idrici a livello regionale e le analisi affermano che il 42% dei corsi d'acqua toscani è inquinato chimicamente. Inoltre facendo riferimento alle classi di qualità con A1 ottima, A2 sufficiente, A3 mediocre e A4 pessima, tra tutti i monitoraggi in Toscana non risulta presente acqua eccellente, ma solo sufficiente o di qualità inferiore. Ecco perché localmente le amministrazioni tendono ad aumentare sempre più il livello di disinfettante nell'acqua distribuita, per renderla idonea al consumo umano. Ancora approfondendo i dati dell'ARPA Toscana si rileva che gli inquinanti presenti sono per lo più provenienti da attività antropiche.



Complessivamente il 70% delle acque consumate sono impiegate in agricoltura, il 20% nell'industria e solo il 10% in ambiente domestico, ma è anche vero che, tra tutti gli usi, il 95% non abbisogna di acqua potabile. E' opportuno allora parlare di acqua idonea all'uso specifico, cioè acqua di qualità inferiore che può essere impiegata laddove non c'è necessità di potabilità, ad esempio in ambito domestico è possibile utilizzare acqua non potabile per il giardino, la manutenzione degli spazi esterni, lo smaltimento dei reflui.



Dobbiamo quindi depurare gli scarichi in modo da ottenere risorsa adatta a specifici usi seppure non potabile.
In questo senso giocano un ruolo importante i sistemi di fitodepurazione che riescono in modo efficace, semplice e sostenibile a depurare le acque di scarico, permettendo anche un successivo riutilizzo in loco. In un prossimo post approfondiremo i sistemi e la tecnica costruttiva.


Rodolfo Collodi Architetto


giovedì 12 marzo 2015

L'ERBA DEI GIGANTI

Il Bambù si sta facendo strada nella vita di tutti i giorni: dai tessuti al cibo, dalle medicine ai pavimenti, questa pianta così versatile continua a stupire. Di fatto si tratta di una graminacea, proprio così il bambù è un'erba e non un albero.
Nel nostro continuo approfondimento riguardo a tecniche e materiali edili non convenzionali, ecosostenibili e biocompatibili, abbiamo partecipato ad un primo workshop sul bambù italiano nel 2011 e ad un secondo pochi giorni fa.


Bambù Italiano

Esistono oltre 1200 specie di bambù nel mondo, con così tante variazioni che può trovarsi sia in aree temperate che in climi tropicali o sub tropicali; elemento comune a tutte le specie è la facilità di coltivazione. Per questi motivi è molto diffuso come materiale da costruzione da centinaia di anni in molte zone della terra. E' resistente e flessibile, necessita di 8/10 anni di crescita per ottenere un prodotto utilizzabile ai fini costruttivi, è estremamente facile da lavorare, seppure richieda solo strumenti manuali, permette di costruire intere strutture.

Di fatto però è ancora da molti considerato un materiale per popolazioni povere, e quindi si pensa che non possa garantire le condizioni di sicurezza e comfort che vengono richieste oggi dalle costruzioni. E' certamente vero che in Italia, questo come altri materiali naturali, non è contemplato nelle norme tecniche per la realizzazione di strutture portanti, seppure abbia delle notevoli prestazioni, perchè non esiste un sistema di calcolo riconosciuto per questo tipo di materiale. Per avere una idea di quelle che sono le potenzialità strutturali ed estetiche del bambù si deve guardare all'Asia e all'America Latina.


Opere di Simon Velez

Le canne possono essere utilizzate tali e quali per strutture portanti, oppure per realizzare scenografie da interni ed esterni, arredi ed altri oggetti artigianali, ma possono anche essere lavorate per ottenere pannelli o travi lamellari. In pratica tutto quello che si può realizzare con il legno può essere ottenuto anche con il bambù. La combinazione della forma cilindrica, con l'alto contenuto di silice e l'orientamento dei tessuti vascolari lo rendono un materiale unico anche a paragone con il legno, la terra, il cemento o l'acciaio. Infatti il bambù ha una resistenza a compressione e trazione eccellente e per alcune specie è doppia rispetto alla tenuta dell'acciaio e mantiene sempre una estrema flessibilità che permette di lavorare il materiale anche con forme ardite, sia tramite l'utilizzo di canne intere che ridotte in striscie. Anche la NASA ha utilizzato il bambù, per la sua estrema leggerezza e resistenza, come materiale da costruzione per applicazioni spaziali.



Il Singapore’s Future Cities Laboratory sta portando avanti uno studio finalizzato a verificare il potenziale uso del bambù in sostituzione alle armature in acciaio del cemento armato, soprattutto nei paesi in via di sviluppo dove, pare assurdo, attualmente si utilizza il 90% del cemento e l'80% dell'acciaio consumato dal settore costruzioni.

Certo il bambù ha anche alcune limitazioni da tenere inconsiderazione al momento della progettazione e realizzazione di un'opera: il suo alto contenuto di zucchero rende la pianta soggetta ad attacchi di parassiti, che possono essere scongiurati con un idoneo trattamento (naturale e non necessariamente tossico) al momento del taglio; le canne hanno una notevole resistenza, ma molta attenzione si deve porre nelle giunzioni al fine di trasmettere i carichi nel modo corretto e per non indebolire la canna stessa con connessioni eccessivamente invasive.


Considerando il peso e la resistenza del bambù, e anche il poco sforso necessario per capitalizzare queste proprietà, si può dire sicuramente che questa erba gigante è un ideale materiale da costruzione. Inoltre guardando ai veri costi ecologici del settore delle costruzioni il bambù ha sempre una impronta ecologica inferiore ad ogni altro materiale convenzionale; è più accessibile e facile da lavorare rispetto alla maggior parte dei consueti materiali utilizzati in edilizia; comporta una minore emissione di CO2 per la produzione e, se si utilizza il bambù italiano, è possibile anche abbattere l'inquinamento dovuto ai trasporti. E' economicamente e ambientalmente sostenibile nonché biocompatibile.

(immagini dei due workshop cui ho partecipato)

Giulia Bertolucci architetto