giovedì 29 settembre 2016

L'ACQUA CHE CI BASTA

Il nostro pianeta è sempre raffigurato come un globo ricoperto per il 70% da acqua.
Questa caratteristica ci basta per credere che la risorsa idrica sia praticamente illimitata?

A ben guardare la maggior parte (circa 97%) è acqua salata, un 2,5% circa è costituito dalle acque superficiali, dalle falde in profondità e dai ghiacciai, mentre la porzione disponibile a cui tutti attingiamo per il consumo è soltanto lo 0,1%.

Ma allora come riusciamo a vivere disponendo solo di questa piccolissima percentuale?

Grazie al ciclo idrologico naturale di evaporazione e condensazione, che permette a una quantità finita di acqua di muoversi in un ciclo infinito e di essere utilizzata più volte. La quantità di acqua che si muove all'interno di questo ciclo e la effettiva riutilizzabilità della stessa dipende però dal comportamento umano, cioè da come restituiamo la risorsa all'ambiente.

Generalmente ci si rende conto della sua limitatezza specialmente nei periodi estivi, quando è più evidente che il forte sfruttamento della risorsa pura da parte dell'industria e dell'agricoltura determinano, in alcune zone, scarsità di acqua, ponendo attenzione alla crescente conflittualità d'uso tra i fabbisogni umani e quelli produttivi, e alla necessità di conservazione dei minimi vitali dei corpi idrici.


Infografica riassuntiva, fonte Stockholm International Water Institute (SIWI)

I nostri consumi

Per quanto riguarda gli utilizzi domestici la quantità (media globale) stimata procapite, cioè per abitante equivalente, è pari a 250 litri al giorno:
  • 40% per il bagno
  • 20% altri usi sanitari
  • 10% lavaggio stoviglie
  • 6% usi in cucina
  • 6% lavaggio auto, giardinaggio e altro
  • 12% per il bucato
  • solo 1% reale consumo potabile.

Osservando questi dati è evidente che la quantità di risorsa pregiata di cui abbiamo effettivamente bisogno è quella relativa all'uso potabile, più alcuni usi sanitari, lavaggio stoviglie e cucina (totale 37%), per tutto il resto potremmo non utilizzare acqua potabile bensì una risorsa di qualità meno pregiata, ma comunque adatta all’uso specifico perché depurata.

Se confrontiamo i consumi domestici con l'effettivo utilizzo di acqua dolce potabile anche in altri settori scopriamo che la parte domestica rispetto al totale incide solo per poco meno del 10%, mentre l'industria richiede consumi dal 20 al 25% del totale e l'agricoltura utilizza il 70% della risorsa potabile. A questo poi si devono aggiungere gli sprechi, cioè le perdite da rubinetti e impianti, nonché le perdite dalle condotte di distribuzione sul territorio che arrivano quasi al 50%.

Inoltre le previsioni di crescita demografica e produttiva globale ci dicono che avremo come conseguenza un aumento dei consumi complessivi pari al 18% nei paesi industrializzati e del 50% per i paesi in via di sviluppo. Questo potrà portare quasi la metà della popolazione mondiale ad avere problemi di scarsità di acqua.


VIDEO

Prospettiva di disponibilità dell'acqua potabile

Abbiamo visto che a livello globale la quantità di acqua dolce disponibile è ridotta rispetto al totale delle acque sul pianeta, e che da sempre non abbiamo fatto attenzione al controllo dei consumi, aumentando sempre più la domanda in ogni settore.  
Mettendo in relazione i dati sui consumi in continua crescita e i dati di qualità della risorsa che viene restituita in ambiente, possiamo avere una previsione riguardo alla disponibilità di acqua potabile cui andiamo incontro. La prospettiva peggiore che viene paventata vede il 2050 come il momento in cui arriveremo all'esaurimento dell'acqua dolce potabile disponibile.

Per questo si deve cercare di ridurre i consumi di acqua potabile attraverso:
  1. la eliminazione delle perdite,
  2. l'ottimizzazione impiantistica,
  3. la depurazione con riutilizzo delle acque depurate laddove non c'è necessità di acque potabili.



Per non parlare poi dell'“acqua invisibile”, cioè l'acqua che viene consumata in relazione ai prodotti che vengono acquistati, dalla cui analisi si comprende come ogni comportamento incide sulla disponibilità di risorsa; l'acqua consumata per produrre i beni, che non vediamo, e della cui quantità non ci rendiamo conto; quella il cui consumo rende critica la disponibilità di acqua in molte zone del pianeta.

Facendo sempre riferimento al consumo giornaliero di acqua invisibile per abitante equivalente possiamo confrontare i seguenti dati:
  • uso domestico 140 litri,
  • uso nei prodotti industriali poco meno di 200 litri,
  • uso per la produzione alimentare oltre 3000 litri.

Allora per la tutela della risorsa idrica non è solo l'utilizzo diretto che ci deve interessare, ma anche l'uso indiretto. Questa è una consapevolezza che deve guidare il comportamento quotidiano e spingere ognuno di noi ad un consumo critico. 

Rodolfo Collodi architetto 





giovedì 15 settembre 2016

RISCALDAMENTO RADIANTE: RISPOSTE A DOMANDE FREQUENTI

In un post precedente ho parlato della differenza tra riscaldamento a termosifoni e impianto radiante e ho messo l'attenzione solo sugli aspetti energetici, ma il riscaldamento radiante a pavimento, parete o soffitto ha anche altre caratteristiche che lo rendono preferibile all'impianto tradizionale a termosifoni per quello che riguarda la qualità dell'aria e quindi dal punto di vista del comfort interno e della salubrità. Purtroppo ancora oggi la bontà del riscaldamento radiante è messa in discussione da falsi miti o da osservazioni che, pur partendo da un fondo di verità, ormai suonano in modo bizzarro.



Mi pare doveroso precisare che vivo in un edificio ex industriale ristrutturato una decina di anni fa, isolato e dotato di impianto radiante a parete e soffitto con caldaia a condensazione, quindi quotidianamente sperimento questo tipo di riscaldamento.

Per essere più chiaro possibile cerco di rispondere qui a domande che ricorrono frequentemente:

L'impianto radiante è solo a pavimento?

La risposta è NO. Il riscaldamento a pavimento è forse il più noto e utilizzato, ma esistono altre soluzioni altrettanto interessanti. Il riscaldamento radiante può essere: a pavimento, a soffitto, a parete.
E' bene inoltre dire che non è assolutamente obbligatorio installarne solo uno, cioè è sempre possibile una combinazione di questi tra loro. Per la mia casa ho scelto l'installazione a parete e soffitto, ma ad esempio in caso di riscaldamento a pavimento in stanze piccole che però necessitano di una maggiore temperatura come i bagni, allora può essere utile integrare con una porzione a parete (senza aggiungere il maledetto termoarredo che sarà anche decorativo, ma riduce l'efficienza di tutto l'impianto).

Che caratteristiche devono avere le superfici da cui l'impianto irradia?

Partendo dal fatto che cerchiamo di trasferire il calore prodotto da una caldaia o altro sistema di generazione, attraverso l'acqua, al massetto e al pavimento o all'intonaco, tutti gli elementi che compongono questo sistema più sono conduttori e migliore è il risultato in termini di efficienza e anche di comfort.
Però se andiamo a fare il bilancio di tutto il sistema risulterà che le variazioni sulla resa, dipendenti dal tipo di tubo, o dal tipo di pavimento piuttosto che dell'intonaco, sono minime.
Tant'è che ad esempio tubi di distribuzione in rame vengono utilizzati molto raramente, più spesso si usa il polietilene certamente meno conduttore.

Da questa domanda ne discende subito un'altra molto frequente e cioè

E' vero che il riscaldamento a pavimento non funziona bene se è messo sotto il parquet?

E' vero che il parquet essendo di legno è meno conduttore di una piastrella in ceramica, ed è vero che il massimo irraggiamento si ha quando ogni componente del sistema è molto conduttore. Ma si deve considerare che tra il centimetro di legno e il centimetro di mattonella c'è una differenza di resistenza minima. Quindi se per te è indifferente il tipo di pavimento allora ti consiglio di scegliere la mattonella, ma se preferisci il legno non è certo da farne una malattia. L'importante è avere una distribuzione del calore uniforme e questo lo garantisce il massetto, se poi voglio essere sicuro di non avere una diminuzione di comfort posso maggiorare l'isolamento sotto all'impianto o installare le tubazioni del riscaldamento con un passo un pochino più ravvicinato (ovviamente a seguito di una previsione di progetto).
Qualcuno potrebbe osservare che rimane un altro rischio e cioè che il parquet si sollevi a seguito della dilatazione termica e del diverso comportamento all'umidità, ma questo può accadere più facilmente in caso di superfici ampie e si può risolvere scegliendo la posa flottante.

Il riscaldamento a pavimento porta problemi circolatori (gonfiore di caviglie e gambe)?

Il riscaldamento a pavimento ha origini antiche, ma la tecnologia ha avuto uno sviluppo e una crescente diffusione dagli anni 60-70 in poi. Da allora fortunatamente c'è stata un'evoluzione. All'epoca si facevano impianti con tubature in metallo, senza isolamento, con massetti da 10 cm, caldaie meno performanti e temperature superficiali molto alte. Questo ha portato, soprattutto in soggetti più sensibili, a seri problemi vascolari. Oggi non è più vero. Il controllo delle temperature è molto accurato e gli impianti funzionano comunque a temperature molto basse. Ricordo infatti che per normativa, a fronte di una temperatura di comfort di 20°C, il pavimento non può avere una temperatura superficiale superiore ai 29°C. Quindi molto inferiore anche alla nostra temperatura corporea di 36-37°C.

E' vero che il riscaldamento a pavimento fa risparmiare energia?

Sì il riscaldamento a pavimento e tutti gli impianti radianti permettono di raggiungere un'alta efficienza energetica con un conseguente risparmio di costi di gestione. Tutto questo però è vero se l'impianto radiante è completato da un generatore ad alta efficienza (pompa di colore, o caldaia a condensazione, o stufa a pellet, combinati magari a pannelli solari termici) e se la casa stessa richiede meno energia in riscaldamento, cioè non è un colabrodo. Se stai pensando di investire proprio in un nuovo impianto di riscaldamento per risparmiare energia e soldi in bolletta ti consiglio di valutare lo stato complessivo della tua casa. L'efficienza si ottiene non solo con impianti performanti, ma soprattutto dall'integrazione con l'edificio che deve richiedere meno energia per essere riscaldato, altrimenti non ha senso scegliere un impianto che funziona a bassa temperatura fornendo meno calorie. (Link al post precedente)

Con il riscaldamento a soffitto il calore rimane in alto?


La risposta è certamente NO. Gli impianti con i termosifoni scaldano gli ambienti attraverso il moto dell'aria, che riscaldata diviene più leggera, tende a salire, a volte anche a stratificare, mentre quella più fredda scende verso il basso in un circolo continuo detto convezione. I sistemi di riscaldamento radiante invece scaldano per irraggiamento, con passaggio di radiazione calorifica da un corpo caldo ad uno più freddo. Questo significa che dalla superficie in cui è integrato il riscaldamento (pavimento, parete o soffitto) il calore si irradia a tutto quello che si trova nelle stanze (oggetti e persone). Non viene primariamente scaldata l'aria, non ci sono grosse differenze di temperatura tra le varie zone di una stessa stanza, tutto è più omogeneo, confortevole e l'irraggiamento si avverte fino a 4-5 metri, quindi anche con i soffitti alti i benefici sono notevoli. Per questo non ci sono significative correnti d'aria, né stratificazioni. Anzi ad essere sinceri il soffitto è forse la superficie che permette di scaldare gli ambienti nel modo migliore dato che è sempre sicuramente libero da tappeti o arredi, inoltre in molti casi posso avere maggiore facilità di messa in opera perché non ci sono interferenze con altri impianti. Aggiungo anche che può essere il modo migliore per scaldare le camere perché è lì che ci troviamo sdraiati e quindi ortogonali all'irraggiamento con il massimo beneficio.

Il riscaldamento a parete non permette liberà di arredo e stringe le stanze?

Scegliere il riscaldamento radiante a parete significa non avere termosifoni in giro, quelli sì che ingombrano e limitano la libertà di arredo!

Però se sei ancora poco convinto ti dico che:
  • l'impianto può essere distribuito in tutte le pareti per cui non limita la libertà di arredo. A meno che non si voglia fare solamente armadiature a tutta altezza, ogni altro mobile o elemento di arredo non impedirà al calore di essere irraggiato all'ambiente.
  • i mobili o i quadri non vengono danneggiati dal riscaldamento perché la temperatura delle pareti è sempre molto bassa (prossima alla nostra temperatura corporea) per cui direi poco influente per gli arredi, in alcuni casi può addirittura essere un vantaggio. Hai mai visto delle macchioline dentro i quadri? Quelle dipendono dal fatto che il quadro appeso su una parete fredda, a causa della condensa che si forma su di essa con il riscaldamento a termosifoni, sviluppa la muffa e si rovina. Questo non accade su una parete con riscaldamento radiante.
  • per quello che riguarda mensole e arredi sospesi continuo dicendoti per esperienza (vivo con riscaldamento a parete in ogni stanza e a soffitto sul soppalco) che è possibile sapere dove si trova l'impianto sia perché si può richiedere il disegno “del come costruito” o le foto, sia perché esistono delle pellicole termosensibili o le termocamere che ti permettono di identificare le tubazioni sotto l'intonaco.
  • in caso di ristrutturazione è vero riduce la dimensione delle stanze, ma dipende sempre da quanto isolamento devo aggiungere. Esistono sistemi radianti costituiti da pannelli con integrate sia le tubature che l'isolamento, con spessore totale di 4 cm. Se ci pensi è quasi lo spessore richiesto per un intonaco! Quindi in caso di ristrutturazione togliendo il vecchio intonaco e posando i pannelli che poi vengono rifiniti e tinteggiati si ottengono stanze praticamente della stessa dimensione di partenza.

 


Il riscaldamento radiante è idoneo per chi soffre di asma e allergie specifiche?

Decisamente Sì. Laddove ci sono i termosifoni sono ben visibili i baffi neri che si creano dopo qualche tempo sulle pareti vicino ai caloriferi, questi sono la testimonianza non solo che si verificano i moti convettivi, ma anche che grazie a questi la polvere è in movimento e con essa gli allergeni. Il riscaldamento radiante irraggia il calore e non scalda l'aria quindi non innesca moti convettivi, questo significa anche che c'è meno movimento di polvere ed allergeni e quindi migliore qualità dell'aria interna alla casa. Ma c'è di più: l'aria cambia le sue proprietà a seconda della temperatura. Infatti la percentuale di vapore acqueo in essa contenuto corrisponde al tasso di umidità relativa e dipende proprio dalla temperatura. Questo significa che più scaldo l'aria più questa diviene secca generando discomfort (ad esempio con i termosifoni su cui spesso si mettono gli umidificatori), mentre se l'aria si mantiene “fresca” (come con il riscaldamento radiante) essa risulta più ossigenata e con un livello di umidità ottimale anche per chi soffre di allergie, asma e sensibilità particolari delle vie respiratorie.
Queste sono le caratteristiche del riscaldamento radiante che lo rendono preferibile all'impianto tradizionale a termosifoni per quello che riguarda la qualità dell'aria e quindi dal punto di vista del comfort interno e della salubrità.

Si può usare il riscaldamento radiante per raffrescare?

Sì, i sistemi radianti sono indicati anche per raffrescare. In pratica l'impianto che in inverno scalda la tua casa, può raffrescarla in estate facendo scorrere acqua fredda ( circa 15°C) nelle stesse tubature. In questo modo si sottrae calore agli ambienti producendo una sensazione simile a quella percepita nelle cantine. Senza bisogno di condizionatori con getti di aria fredda che possono anche causare dolori e raffreddori. Attenzione però a controllare in modo preciso la temperatura delle superfici e l'umidità relativa dell'aria per non favorire la formazione della condensa dell'aria calda e umida estiva sulle superfici fresche. Ti consiglio fortemente però di prevedere anche un sistema di ventilazione meccanica controllata che permetta il controllo del livello di umidità ambiente.
In caso si voglia raffrescare con l'impianto radiante l'ottimo è utilizzare una pompa di calore come generatore.

A questo punto allora parlo anche del tipo di generatore:

Che caldaia serve per un impianto radiante?


In linea generale la caldaia giusta è qualsiasi generatore di calore che abbia l'acqua come fluido vettore. Di fatto l'ideale per gli impianti di riscaldamento radianti è forse la pompa di calore. Ho già detto che i sistemi radianti funzionano a bassa temperatura e le pompe di calore danno il massimo della loro efficienza proprio in questi casi. Più frequentemente però i sistemi di riscaldamento radiante vengono associati a caldaie a condensazione perché anch'esse hanno ottime prestazioni alle basse temperature. Buoni risultati anche con caldaie a pellet. Tutti questi sistemi di generazione possono inoltre essere abbinati ai pannelli solari termici.
Ovviamente tutto questo presuppone che la casa sia correttamente coibentata altrimenti la dispersione è notevole e diventa inutile avere anche il migliore impianto del mondo che funzionando a bassa temperatura fornisce meno calorie. (Link al post precedente)

Tra tutte ho scelto le domande più frequenti che mi vengono poste da clienti e amici, ma la lista potrebbe essere ancora più lunga, se hai un quesito che non ho affrontato scrivilo nei commenti. Se il mio post ti è stato utile condividilo!



Rodolfo Collodi architetto


giovedì 1 settembre 2016

RISCALDAMENTO A PAVIMENTO O TERMOSIFONI: LA SCELTA MIGLIORE PER LA RISTRUTTURAZIONE

Recentemente è capitato di sentire frasi del tipo “sto per affrontare la ristrutturazione dell'appartamento di famiglia in centro storico e voglio mettere il riscaldamento a pavimento perché l'idraulico me lo consiglia e un'amica lo ha fatto di recente e sta benone”. Non mi pronuncio sul fatto che ogni volta i clienti cercano di fare ciò che gli amici e parenti hanno già sperimentato, o che gli consiglia l'artigiano di turno, invece che seguire i consigli del proprio tecnico, come se ogni caso fosse uguale all'altro e se per l'amica va bene allora deve per forza andare bene anche per te.

La realtà è che ogni situazione è diversa dall'altra e anche le esigenze, per questo il tecnico giusto consiglia in modo attento i propri clienti a fronte dell'analisi dello stato di fatto e di ciò che si vuole ottenere.

Questa premessa l'ho usata per introdurre l'argomento di questo articolo e cioè: il riscaldamento radiante è poi così “giusto”?




Quando si intraprende una ristrutturazione spesso il primo pensiero va al rinnovo dell'impianto di riscaldamento e alla caldaia a condensazione, che in questo momento è anche uno degli interventi di riqualificazione energetica incentivati. In teoria e in linea generale è effettivamente un miglioramento rispetto ai tradizionali caloriferi, perché può permettere di risparmiare energia e quindi avere minori costi di gestione in bolletta, ma anche di raggiungere un maggiore comfort nell'abitazione. Ma nella realtà è proprio così? E soprattutto in caso di ristrutturazione?

Che differenza c'è tra riscaldamento con impianto a termosifoni e impianto radiante a pavimento?
Si tratta di due tipologie simili e al contempo diverse. Simili perché in entrambi si utilizza l'acqua come fluido vettore del calore, ma per il resto molto diversi perché hanno temperature di esercizio molto differenti e modalità di funzionamento distinte.

Il sistema con i termosifoni si basa sul principio della trasmissione del calore per convezione. Il calore viene concentrato tutto nei termosifoni che sono costituiti da elementi appositamente conformati per favorire lo scorrimento dell'aria al loro interno. In questo caso per ottenere la temperatura ambiente desiderata c'è bisogno che l'acqua all'interno dei termosifoni sia scaldata almeno a 70°C, in modo che poi questi cedano il calore all'aria e questa a sua volta, messa in movimento, lo distribuisca agli ambienti. Il segnale del fatto che il movimento dell'aria avviene, e con essa anche quello della polvere, sono i “baffi neri” che si formano sulle pareti intorno ai termosifoni.



I sistemi di riscaldamento radiante si basano invece sul principio di trasmissione del calore per irraggiamento. Nessun moto d'aria, bensì superfici di distribuzione del calore ampie e temperature di funzionamento basse. Gli impianti radianti possono essere integrati nel pavimento, nelle pareti o nei soffitti, riscaldano le superfici e da qui irraggiano il calore nell'ambiente; è vero che in parte riscaldano anche l'aria che si trova nelle stanze, ma la temperatura è talmente bassa che i moti convettivi sono veramente trascurabili. L'irraggiamento si percepisce chiaramente anche a 4-5 metri di distanza. Viene subito alla mente l'esempio del sole in alta montagna in una giornata tersa che ci permette di stare in maglietta anche con temperature di 0°C. Quando si realizza un impianto di riscaldamento radiante in casa si ottiene proprio lo stesso effetto, cioè benessere senza scaldare eccessivamente l'aria. Ad esempio è possibile portare gli ambienti solo a 17-18°C per ottenere il comfort pari a 22°-23°C.

Detto questo però rimane ancora la domanda: ma in caso di ristrutturazione il riscaldamento a pavimento, parete o soffitto può essere una buona scelta?

Mi sembra il momento di dirti che personalmente vivo in un ex edificio industriale ristrutturato e dotato di impianto radiante a parete e soffitto, per cui parlo per esperienza e non per sentito dire.

Dato che il riscaldamento radiante è caratterizzato da temperature di esercizio basse, affinché funzioni correttamente, sia realmente conveniente dal punto di vista dei consumi e non generi discomfort è necessario che sia l'edificio stesso a richiedere meno energia per il riscaldamento. Altrimenti l'impianto non permetterà di scaldare tutte le stanze correttamente e saremo costretti in generale ad aumentare la temperatura per ottenere il comfort ambiente desiderato, con conseguente perdita dei vantaggi di risparmio energetico e qualità dell'aria interna che questo tipo di sistema assicura.

C'è poi da tenere presente che la normativa (UNI EN 1264) prevede dei valori limite di temperatura delle superfici per gli impianti radianti: 29°C per pavimento e soffitto, fino a 40°C per le pareti.

Nelle case vecchie di oltre 15 anni non si poneva molta attenzione alle prestazioni generali dell'involucro a livello termico per cui è molto probabile che la tua casa o appartamento non sia isolato. Adesso forse è più chiaro che scegliere un impianto di riscaldamento radiante (che lavora a minore temperatura rispetto al tradizionale a termosifoni) deve andare a braccetto con il generale risanamento dell'involucro, altrimenti sarà come mettere tanta acqua in un contenitore forellato e continuare ad aggiungerne per farlo rimanere pieno.

Diciamo che la risposta secca alla domanda di partenza è che non ha senso installare un impianto di riscaldamento radiante senza prevedere un efficientamento dell'involucro (almeno pareti esterne e tetto, meglio ancora se ci aggiungi le finestre).

E qui l'obiezione potrebbe essere: ma allora la ristrutturazione diventa più impegnativa e mi costa troppo. Già! Diciamo che sulla spesa complessiva ci si può lavorare facendo scelte miratissime per ottenere il migliore risultato di comfort e risparmio energetico commisurato con la spesa totale, ma alla fine ci sono cose che non si possono non fare.



Facciamo anche un'altra ipotesi
Vuoi ristrutturare solo una parte della casa e stai pensando che sarebbe bello, visto che fai i lavori, rinnovare anche l'impianto di riscaldamento e mettere un radiante. Oppure vuoi fare un ampliamento e nella nuova parte vuoi mettere un riscaldamento radiante che però non sia autonomo rispetto a quello esistente. Queste due cose si possono fare?

Fermo restando quanto già detto prima, la risposta è Sì. E' possibile “mixare” due impianti di tipologia diversa, e ne può valere la pena perché comunque è un buon miglioramento in termini generali di riduzione consumi, ma si devono avere delle cautele. Abbiamo detto che l'impianto con i termosifoni funziona con acqua calda almeno a 70°C, mentre il radiante mediamente ha una temperatura di 40°C, quindi per riuscire a gestire questa differenza è necessario mettere un miscelatore.

Voglio aggiungere però che, mentre nel caso precedente può valere la pena integrare gli impianti, non ha assolutamente senso chiedere di inserire un termoarredo/scalda salviette (che funziona con acqua a 70°C) in un bagno, laddove l'impianto di riscaldamento sia tutto radiante, magari dotato di caldaia a condensazione, perché per un solo elemento, la cui funzione peraltro può essere ottenuta in altro modo, si perde in rendimento totale dell'impianto che non da il meglio di sé in termini di efficienza e risparmio sui costi di gestione dovendo scaldare l'acqua per il termoarredo del bagno e poi “raffreddarla” per il resto dell'impianto.

Tutto quello che ho detto ha preso in considerazione solo l'aspetto dell'efficienza energetica, ma il riscaldamento radiante a pavimento, parete o soffitto ha anche altre caratteristiche che lo rendono preferibile all'impianto tradizionale a termosifoni per quello che riguarda la qualità dell'aria e quindi dal punto di vista del comfort interno e della salubrità, anche per chi soffre di asma e allergie.


Rodolfo Collodi architetto